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Prodotto di origine contadina in uso fin dai tempi della Serenissima Repubblica di Venezia, i bigoli venivano fatti in casa con un misto di farina di grano duro e di grano tenero e acqua. Spesso capitava che si aggiungesse anche farina integrale, più per motivi economici che altro: la farina bianca, infatti, era un prodotto rifinito “per nobili”.
Le principali caratteristiche di questo grosso spaghetto sono la ruvidità e la porosità, caratteristica che li rende perfetti per trattenere sughi e altri condimenti. La ricetta tradizionale, semplice e genuina, vede l’insieme di tre soli ingredienti: grano tenero, acqua e sale. Niente uova (almeno all’inizio), nonostante i bigoli siano a tutti gli effetti una pasta fresca. Questo perché in passato le uova erano molto preziose e spesso venivano usate come merce di scambio per barattare altri alimenti.
I bigoli hanno un nome che pare provenga dal termine dialettale bigàt che significa bruco e rimanda appunto alla loro forma allungata. Oggi, accanto alla ricetta tradizionale, ne esistono alcune varianti, come quella con farina di grano saraceno e uovo, che rende i bigoli più scuri.
Le tracce storiche di questa pasta risalgono già al 1300. Durante la guerra che la Serenissima Repubblica ingaggiò con i turchi colpevoli di affondare le navi che trasportavano il prezioso grano duro, a un pastaio venne l’idea di usare la poca farina di grano duro che restava, mischiata al grano tenero in modo da formare un grosso spaghetto. Ebbe un tale successo che il nome “bigolo” può essere rintracciato anche in famose ballate e filastrocche popolari dell’epoca.
Ma è solo a partire dal 1600 che i Bigoli entrano effettivamente nella tradizione. Nel 1604, un pastaio di Padova, Bartolomio Veronese detto Abbondanza, chiese al Comune un brevetto per registrare un macchinario di sua invenzione. Con questo riuscì a produrre diversi tipi di pasta, ma il popolo ne consacrò uno in particolare, gli attuali bigoli. Fu così che due secoli più tardi quasi tutte le famiglie del nord-est dell’Italia avevano questo macchinario in casa, ribattezzato successivamente Torcio Bigolaro.
Costruito in legno, questo particolare torchio aveva forma cilindrica e permetteva di comprimere l’impasto con una leva o a volte con un manubrio, facendolo passare attraverso una trafila a fori larghi dai 2 ai 2,5 mm, per formare il bigolo e altri formati di pasta. Il signor Abbondanza, infatti, pare che produsse diversi tipi di pasta ed il suo macchinario era perfetto per fare la pasta lunga.
Ancora oggi, alcune famiglie venete conservano un bigolaro come cimelio di famiglia. Questo semplice strumento casalingo veniva fissato al tavolo e al suo interno veniva fatto passare l’impasto tramite una pertica che andava girata con forza e alla quale, di solito, si alternavano una o più persone. Appena fatti, i bigoli ancora freschi, erano messi a essiccare, stesi su bastoni sospesi fra le sedie. Le massaie preparavano in genere abbondanti quantitativi utili per tutta la settimana.
Oggi i bigoli in casa non li fa (quasi) più nessuno ma alcune trattorie tipiche vantano ancora una produzione casalinga.
Da fine 2004 esiste la Confraternita dei bigoi al torcio, un gruppo di persone che meritano il giusto riconoscimento per il lavoro di recupero storico e per la valorizzazione di questo piatto tipico padovano. Come si trova scritto sul loro sito ufficiale:
“Lo “strumento operativo” mediante il quale la Confraternita realizza i propri scopi è dato dai “bìgoi al torcio”. Abbiamo ritenuto potesse suscitare interesse da parte della gente riscoprire e proporre un particolare piatto appartenente alla tradizionale cucina veneta. […] La torchiatura è eseguita solo manualmente, con “el bìgoearo”, […] ogni modalità meccanica viene rigorosamente esclusa in quanto altera alcune caratteristiche organolettiche specifiche dei bìgoi e rende diverso il gusto”.
L’attività della Confraternita è dettata da grande passione, dalla voglia di stare assieme e dal desiderio di portare avanti iniziative di solidarietà per la comunità. Tra le molte manifestazioni a cui sono presenti, segnaliamo in particolare “La festa dei Bìgoi al torcio” che si tiene ogni anno nel mese di aprile a Limena, in provincia di Padova.
Proprio grazie alla loro consistenza ruvida, i bigoli si prestano perfettamente a condimenti a base di sughi. I bigoli tradizionali, infatti, sono quelli conditi con ragù di carne o frattaglie di anatra, ma una delle ricette tipiche venete sono anche i bigoli con le acciughe, un piatto povero, che in passato veniva consumato ad esempio nel Venerdì Santo o alla vigilia di Natale.
Oggi il numero di ricette e abbinamenti è notevolmente aumentato: melanzane, fiori di zucca, radicchio, fave, tonno e formaggi ma anche ragù bianchi.
I “bigoi” sono un piatto tipico padovano inseriti nella lista dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani. Punti di riferimento in provincia di Padova sono i bigoli di Monterosso ad Abano Terme e il bigoli al torchio di Limena. Nel 2014, infatti, Abano Terme e Limena, nella cintura urbana di Padova, hanno ottenuto la De.Co, denominazione comunale per la valorizzazione dei bigoli. È una carta d’identità del prodotto a tutela del consumatore che ne attesta l’origine, la composizione, la genuinità.
Anche in provincia di Verona è possibile assaggiare un ottimo piatto di bigoli: alla trattoria Biondani di Bussolengo (VR) questo antico piatto della tradizione viene proposto nella variante Bigoli al torchio con ragù. Scopri anche gli altri piatti della cucina casalinga tradizionale veneta.
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