La polenta è sempre stata il cuore della casa veneta, il simbolo popolare della sua cucina. In Veneto si sono sperimentate moltissime variazioni gastronomiche della polenta ma i “Polentoni veneti o del Nord Italia” non sono gli unici tifosi di questo piatto che ha le sue origini nell’antichità mediterranea.
Il mais, proveniente dalle Americhe, da quando è stato introdotto in Europa ha costituito in alcuni territori una risorsa agricola di primaria importanza. In Veneto, ad esempio, la polenta, ricavata dalla macinazione dei chicchi di mais, è stata per lungo tempo il piatto principale dell’alimentazione quotidiana della popolazione fino al 1600, quando si introdusse l’uso di macinare i chicchi di mais per ottenere una farina da cuocere nell’acqua. La polenta si diversifica a seconda del mais con cui viene prodotta. In Veneto, la varietà più comune è la polenta bianca, ottenuta da una varietà di mais denominata “biancoperla”.
Considerato da sempre un piatto della cucina povera, la polenta bianca serviva da accompagnamento a gustosi sughi sia di carne, come la celebre “polenta e osei”, sia di pesce. La sua preparazione ha conosciuto nel corso dei secoli molte varianti, come quella di mescolarla con i formaggi locali nella famosa ricetta della “polenta pasticciata” oppure nella nota “infasolà” dove la polenta viene cotta insieme ai fagioli. Non dimentichiamo, poi, “polenta e riso”, la polenta con il latte ed i tanti sughi di selvaggina con cui essa viene presentata in tavola. Si tratta, appunto, di un alimento molto versatile e grazie al suo gusto delicato, la si può abbinare a moltissimi alimenti di carne o di pesce.
Il termine ha origine latina, pollen – pollinis, cioè fior di farina e polvere finissima. Ai tempi dei romani, si preparava una sorta di “poltiglia”, una specie di pane da mangiare con il cucchiaio, che si preparava con la farina d’orzo abbrustolita. Prima degli scambi oltreoceano, infatti, venivano utilizzati altri cereali più autoctoni, come il farro, l’orzo o la segale che donavano e conferivano un aspetto leggermente più scuro. Oggi il cereale di base per la preparazione è il mais, importato dalle Americhe nel XV secolo, che le conferisce il caratteristico colore giallo.
Scopriamo di più sulla storia della polenta…
Cenni storici della polenta: dai babilonesi ai giorni nostri
La polenta è un piatto antico, uno dei primi impasti cotti dell’umanità. Era certamente in uso già tra i sumeri e in Mesopotamia dove era preparata con miglio e segale. I greci utilizzavano la farina d’orzo e ne esistono infinite varianti a seconda delle materie disponibili sia in Africa che in Asia.
Così anche per babilonesi, assiri ed egiziani. Dei grani di mais sono stati rinvenuti a Tebe, in una tomba egizia a testimonianza di ciò. Nell’epoca romana, la polenta era chiamata “pultem” ed era fatta con un cereale simile al grano ma più duro: il farro.
Solo con la scoperta delle Americhe il binomio polenta e mais divenne indissolubile. Infatti, solo dopo lo sbarco di Cristoforo Colombo a Hispaniola si comincerà a parlare di mais: egli trovò quei grani d’oro che chiama, come aveva udito tra gli indigeni Tainos, MAHIZ (“una specie di fava” scriverà nelle sue lettere ai reali di Spagna, “una specie di grano chiamato mahis” 5 novembre 1492).
Le prime coltivazioni si ebbero 30 anni dopo la scoperta dell’America, in Andalusia, per opera di agricoltori di origine araba, che la impiegavano per mangime animale. Dal Golfo di Biscaglia il mais si diffonde nel XVIII in tutta Europa e si espande lungo una fascia precisa, attraverso Spagna, Francia, Italia, Paesi danubiani, Ucraina fino al Caucaso.
In Italia, si hanno notizie della polenta di farina gialla in Friuli, verso il 1550-55: forse i friulani, già abituati alle antiche pultes julianae, precedettero le altre popolazioni nell’uso del cereale. In America, nelle zone centrali del continente, i Maya coltivavano il mais già tremila anni fa. Al mais essi dedicarono il culto del dio Xiloti, una delle principali divinità.
Il mais allora veniva chiamato granoturco, questo perché nel primo ‘500, si definiva “turco” tutto ciò che era straniero. Un’altra ipotesi, invece, fa pensare che il mais fosse già arrivato da Oriente con il nome di granoturco perché i persiani, che lo coltivavano e lo consumavano, vivevano sotto il dominio dei turcomanni.
In Italia il “frumento a granelle grosse e gialle” ebbe la sua maggiore fortuna nel Veneto e nel vicino Friuli. Fu, infatti, Venezia a introdurlo nelle paludi del Polesine e nel Friuli. Secondo uno studioso, Giovanni Beggio, la prima seminagione “Made in Veneto” è datata 1554. Troviamo il suo nome nei “Promessi sposi” o nel titolo di una poesia a lei dedicata, “La polenta” del veneziano Ludovico Pastò o nei versi di Jacopo Facen, “Il mais e la polenta“. Tale pietanza viene elogiata anche in una poesia di Arrigo Boito ed in un sonetto di Carlo Porta.
Vennero istituite delle accademie in suo onore, come quella dei “Polentofagi” di Pisa, che precedeva il circolo della polenta di Parigi, fondato a fine Ottocento da Jacopo Capòn e composto da uomini di affermato prestigio nell’ambito della letteratura.
La polenta risolse enormi problemi alimentari delle popolazioni povere ma introdusse, in Europa, la pellagra a causa dell’abuso nel consumo di questo cibo. La polenta, tuttavia, non era colpevole bensì l’obbligo di mangiare esclusivamente polenta senza integrarla con altri alimenti. La più povera delle polente diventa, infatti, un cibo straordinario e completo quando vengono aggiunti semplici condimenti (salsicce, fagioli, formaggio grattugiato, ecc…) che contengono proteine, carboidrati, grassi, sali minerali e qualche vitamina.
Antica preparazione della polenta e ricetta “italica”
Nell’antichità la polenta veniva preparata con il farro e si condiva con latte, formaggio, carne d’agnello o maiale e salsa acida. Era conosciuta nell’area mediterranea tant’è che lo scrittore gastronomo romano Apicio parla di “Puls punica” fatta con farina, uova, miele e formaggio fresco. Lo stesso autore illustra la preparazione delle “pultes julianes” con la spelta e il panico con l’aggiunta di olio, formaggio e sughi di carne.
Nel primo libro di cucina stampato (De honesta voluptate et valetudine di Bartolomeo Sacchi, 1465) ritroviamo la polenta di farro come piatto di comune diffusione.
La polenta viene cucinata praticamente in ogni parte d’Italia ma ogni regione ha la sua tradizione:
- Valle d’Aosta: la polenta, qui, diventa “concia”, cioè condita con formaggi fusi come fontina o toma.
- Piemonte: nella zona delle Langhe, la polenta si serve su un tagliere ed è accompagnata con salse dolci, uova e latte.
- Veneto: Polesine, Trevigiano e nella zona veneziana è la bianca sposa di piatti a base di pesce povero o di fegato, esaltati dal sapore più lieve del mais “biancoperla”, presidio Slow Food da cui si ricava questa farina. A Vicenza è servita nella sua variante dolce, accompagnata da latte, miele e frutta secca.
- Lombardia: in Valtellina, meno conosciuta ma altrettanto buona, è la polenta “cropa” composta da farina gialla e grano saraceno cotti nella panna con patate schiacciate e formaggio di malga. A Varese, la polenta gialla è servita con straccetti di manzo cotti con lardo ed erbe aromatiche. A Como, come nel resto della Lombardia, la polenta è gialla, è accompagnata da croccantissimi pesciolini di lago lentamente essiccati.
- Trentino A.A.: qui chiamano “carbonera” una polenta ottenuta con la farina gialla di Storo, compagno perfetto un sugo di salamino fresco, cipolla e formaggio Spressa a pezzettini.
- Emilia-Romagna: qui prende il nomignolo “cazzagai”: fagioli (al sugo di pomodoro e pancetta) e polenta gialla. A Piacenza si mangia la tipica polenta piacentina con stracotto di carne, peperoni e pomodoro o selvaggina.
- Umbria: nell’Appennino umbro è servita con guanciale e pecorino, viene cotta in forno o alla brace.
- Toscana: il granturco era difficile da reperire nell’Appennino toscano, per questo ancora oggi qui si prepara una polenta saporitissima fatta con farina di castagne e servita con formaggi o latte caldo.
- Lazio: qui si consuma con le spuntature di maiale e con l’immancabile corredo del pecorino romano.
- Marche: “carbonara” marchigiana, piatto dei taglialegna che alla dolcezza della polenta oppone la delizia rude di guanciale e pecorino.
- Puglia: qui la polenta è tagliata a piccoli pezzetti ed è fritta fino a diventare croccantissima, diventa quindi un ottimo street food apprezzatissimo dai locali e dai turisti.
- Campania: ottima polenta pasticciata a Napoli, fredda e affettata a listarelle, diventa una lasagna se la si alterna a strati con salsiccia, mozzarella, sugo di pomodoro e parmigiano.
- Molise: qui si prepara con una farina molto sottile ed è servita con i broccoletti stufati.
- Basilicata, Calabria e Sicilia: in queste regioni la polenta si serve con ricette di salsiccia e sugo, a volte è arricchita con patate lesse schiacciati.
- Sardegna: il pasticcio si fa con i sartizzu, pezzetti di salsiccia dorati in un soffritto di cipolla, prezzemolo e basilico.
Quali sughi, prodotti o creme possiamo usare per abbinare al meglio la polenta?
- Con la carne: spezzatini sughi e interiora
- Con i formaggi o con le fondute
- Con le verdure e legumi
- Con i funghi
- Con il pesce
Con la carne: spezzatini sughi e interiora
Uno degli abbinamenti più antichi è quello con la carne. Esiste l’imbarazzo della scelta, potete optare per un classico ragù fatto con macinato misto o, meglio ancora, con un sugo di pomodoro cotto insieme con la salsiccia a pezzi. In molte zone delle Marche, ad esempio, si prepara la polenta alla carbonara, fatta con farina di mais e condita con carne di maiale, a mo’ di spezzatino, pancetta e formaggio grattugiato: di queste ricette esiste anche una versione ripassata in forno che si definisce “polentone alla carbonara“. Altro esempio di polenta condita con uno spezzatino è la polenta e bruschitt, piatto tipico lombardo in cui la polenta sempre di mais viene con uno spezzatino di carne di manzo cotto insieme al lardo.
Tipici del Centro Italia i condimenti a base di sugo di pomodoro con spuntature di maiale e salsicce, in alcuni casi anche di fegato, oppure in bianco, ovvero a base di un soffritto di aglio, olio, peperoncino, salsicce e guanciale (o pancetta). Il tutto arricchito da una generosa dose di pecorino grattugiato. C’è poi la polenta con i ciccioli, ricetta diffusa nella maggior parte dell’Italia settentrionale e chiamata con diversi nomi locali.
Diffuso anche l’abbinamento con la carne di cinghiale al sugo o in umido, oppure con la cacciagione; è famosa la ricetta della polenta e osèi, piatto veneto, in cui gli uccellini (tordi, beccafichi, allodole ecc) sono stati sostituiti da altri tipi di cacciagione. Molto usato anche l’accoppiamento della polenta con cünì o cönécc, cioè il coniglio, oppure con brasati di tacchino, oca e altri animali da cortile.
Con i formaggi o con le fondute
Altro abbinamento classico è quello con i formaggi: un esempio è la polenta taragna, tipica del Bergamasco, fatta con farina di grano saraceno e con il formaggio incorporato nella preparazione, o la polenta uncia, ovvero unta, cucinata nelle zone del lago di Como con un mix di farina di mais e grano saraceno e arricchita da un composto di abbondante burro, aglio, salvia e formaggio tipico semüda, o formaggio semigrasso d’alpeggio. In generale, il termine polenta concia, ovvero condita, indica una ricetta diffusa in tutte le regioni dell’Arco alpino in cui la polenta viene quasi sempre condita con formaggi grattugiati, oppure fondute di burro e formaggi di malga, come ad esempio la fontina o le tome piemontesi. Più rara la polenta cròpa, variante della taragna e originaria di Val d’Arigna, situata al centro delle Alpi Orobie valtellinesi: viene fatta con farina di grano saraceno e cotta nella panna insieme a patate schiacciate e formaggio. In generale, è ottimo l’abbinamento con formaggi dal gusto intenso, come ad esempio il gorgonzola, o con formaggi come il brie, stracchini non freschissimi, tome, l’asiago, la fontina, il camembert e così via.
Con le verdure e legumi
Non sono moltissime le ricette che prevedono abbinamenti con le verdure o con i legumi. Perfetta con i cavoli, magari anche nella versione crauti, la polenta si accompagna bene anche ai fagioli cannellini o borlotti stufati insieme al sugo, oppure con verdure come cicoria, spinaci e bietole. Nel Basso Lazio è comune la polenta condita metà con le salsicce al sugo, metà con i broccoletti stufati, mentre in Romagna si fa un particolare tipo di polenta realizzata con la farina di fagioli e do pogn, “due pugni” di fagioli secchi. Altra ricetta tipica è la polenta all’erba amara, piatto tipico della cucina mantovana, viene preparata con farina di mais, burro, erba di San Pietro e grana grattugiato.
Con i funghi
Probabilmente l’abbinamento più diffuso, insieme a quello con la carne, è quello che vede la polenta protagonista di piatti fumanti insieme ai funghi: porcini, pioppini, chiodini, spugnole, semplici champignon… tutti i funghi si abbinano davvero bene. In Trentino, si fa un particolare tipo di polenta a base di patate e grano saraceno, che viene condita con porcini o champignon, tendenzialmente in bianco. Ma anche in Toscana si usa spesso un ragù di funghi, quindi rosso, per condire i vari tipi di polenta diffusi in regione. I funghi possono essere protagonisti assoluti, o anche accompagnati da carne come salsiccia o spezzatino, o da formaggi come fontina o gorgonzola.
Con il pesce
A qualcuno potrebbe sembrare strano, ma in Italia esistono versioni della polenta anche con il pesce. La polenta con le sepe, ovvero le seppie, a volte presentate anche con il nero, è un piatto tipico sia della tradizione triestina sia veneziana. Ma non finisce qui: sempre fra Venezia e Vicenza è tradizionale l’abbinamento con il baccalà, declinato nelle ricette locali, in particolare quella del baccalà alla vicentina che viene accompagnato con della polenta bianca. Infine, in alcune zone costiere delle Marche si usa servire la polenta con il tradizionale brodetto di pesce locale. E ancora, polenta e anguilla, o capitone, ideale come secondo piatto o piatto unico delle festività natalizie.
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