Non esiste altro piatto che rappresenti la città di Verona più della pearà. E d’altro canto la pearà non viene preparata in altre città o regioni se non a Verona. La pearà è una salsa fatta con pane grattugiato, brodo e midollo di bue, il cui delicatissimo sapore è reso piccante con un’abbondante aggiunta di pepe; viene servita assieme a bollito misto e cotechino. Tuttavia, non va considerata un semplice accompagnamento, ma parte integrante del piatto, tanto da comparire nel nome stesso: bollito misto o cotechino con pearà.
Siamo abituati a portarlo in tavola con le temperature fredde dell’inverno, ma il cotechino e pearà è un piatto tipicamente estivo, addirittura ferragostiano. Appartiene infatti ad un’antica tradizione culinaria dell’area padana, che, proprio il 15 agosto, vedeva portare in tavola gli insaccati di muso di maiale, con intenti propiziatori in vista dell’imminente stagione di raccolto.

L’origine della pearà è antica e leggendaria
Siamo nel 568 d.C., al termine delle guerre gotiche che devastarono la penisola italiana nei secoli successivi alla fine dell’Impero Romano. Dal confine orientale giungono i longobardi, popolazione guerriera di origine germanica che in breve conquista tutto il Nord Italia. Li guida il loro re Alboino, che fa di Verona la capitale dei territori di cui si sono appena impossessati.
Nella vecchia fortezza di re Teodorico sul colle San Pietro, Alboino celebra la vittoria con un banchetto cui partecipano tutti suoi fedeli duchi. Inebriato dal buon vino veronese che scorre copiosamente, Alboino si rivolge alla bella e giovane moglie pronunciando la celebre frase:
«Bevi Rosmunda dal cranio di tuo padre!»
Pare fosse usanza dei longobardi realizzare coppe con la calotta cranica dei nemici sconfitti in battaglia. Rosmunda era figlia di Cunimondo, re dei Gepidi, una delle tante popolazioni germaniche che Alboino aveva soggiogato. Alboino porge a Rosmunda la macabra coppa. Lei tace e beve. Ma è tale e così insostenibile lo sconvolgimento che cade in depressione.
Il cuoco di corte, vedendo la regina in quel profondo stato di prostrazione ne è intenerito, e decide di provare a rincuorarla. Prepara, dunque, una zuppa, da servire calda, con brodo e pane secco. Per renderla più sostanziosa e cremosa aggiungere olio e midollo di bue. Per darle forza che risvegli sensi e animo aggiunge un’abbondante manciata di pepe nero grattugiato. Nasce così la pearà, che in dialetto veronese significa proprio pepata.
La Vendetta di Rosmunda
Rosmunda, grazie alla pearà, si riprende rapidamente e riacquista un tale vigore e forza d’animo che decide di vendicarsi di Alboino. Diventa amante di Elmichi, giovane guerriero longobardo, e lo convince ad aiutarla nel suo piano. Rosmunda lega al fodero la spada che Alboino tiene in camera da letto, e quando il sovrano giunge per coricarsi trova Elmichi ad attenderlo e, impossibilitato a difendersi, viene ucciso.
Tale racconto è celebrato in una composizione poetica in lingua germanica, tramandata oralmente; inoltre, ne fornisce una versione in latino, più fedele all’originale, anche Agnello Ravennate, nel Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis del IX secolo.

Consigli della tradizione nella preparazione della pearà
Come ogni piatto della tradizione anche la pearà ha i suoi segreti per rendere la salsa ancora più gustosa:
- non grattare col cucchiaio la crosta che si forma sul fondo, gli anziani veronesi sostengono ancora oggi che questa le da un tocco ancora più gustoso;
- il pane può essere vecchio ma non troppo, importante sia grattato molto fine;
- il parmigiano reggiano può essere evitato, essendo un piatto povero in antichità probabilmente non veniva aggiunto alla preparazione;
- la pearà può essere più o meno densa a seconda del proprio gusto, per questo invece che mettere tutto il brodo se è la prima volta che la preparate tenetene un po’ da parte così da poterlo aggiungere verso la fine della cottura, se la desiderate più morbida;
- se possibile cucinare la pearà in un tegame di terracotta.
Piatto reale o popolare?
Una meno suggestiva teoria sulla nascita della pearà dice che si tratta in realtà di un piatto povero della cucina popolare preparato con scarti e avanzi (midollo e pane raffermo). Questa ipotesi, tuttavia, non tiene conto dell’abbondante pepe nero che nel medioevo era una spezia esotica e costosa, non certo comune nelle dispense dei popolani e comunque usata con parsimonia.
La consistenza, più o meno cremosa, e il quantitativo di pepe, dipendono dai gusti personali, dalle tradizioni famigliari, dalle varie zone della città e della provincia veronese. Alcuni aggiungono anche Parmigiano o Monte Veronese grattugiato. In generale la pearà dovrebbe risultare sapida e ben pepata.
Tradizionalmente si accompagna al bollito misto assieme a salsa verde, kren, senape e mostarde, ma è ottima anche con il cotechino, arrosti o come piatto a sé stante. Perfetta con un buon vino rosso veronese come il Valpolicella Superiore o l’Amarone.
Venite a scoprire la pearà e gli altri gustosi piatti della cucina veronese alla Trattoria Biondani di San Vito al Mantico di Bussolengo (VR).
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